Nessun profumo vale l'odore di quel fuoco

Una meraviglia ai nostri occhi

Carissimi, sono a chiacchierare con Khan, un fratello Afgano, qui nella casa di accoglienza San Raffaele di prima mattina, stiamo orCAMPOACCOGLIENZA4ganizzando un prossimo STAGES per operatori nelle case di accoglienza, nel WE di Fine Aprile, e vorrei che la partecipazione fosse notevole …. se volete saperne di più scrivetemi o telefonatemi… l’idea che ci ha guidato è questa: per essere utili si deve essere preparati, questo richiede un momento di formazione… e noi lo offriamo dopo anni di esperienza… grazie Alberto 


Mc  11,27-33

1 In quel tempo Gesù si mise a parlare loro con parabole: «Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 2Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. 3Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. 4Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. 5Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero. 6Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: «Avranno rispetto per mio figlio!». 7Ma quei contadini dissero tra loro: «Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra!». 8Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. 9Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. 10Non avete letto questa Scrittura:
La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
11questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi?».
12E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono.

Questa parabola di Gesù, indirizzata ai capi religiosi del tempo, è ambientata in una vigna. Immaginando una vigna, si è subito portati a pensare alla bellezza dei grappoli maturi e alla gioia della vendemmia: come è possibile che una vigna divenga invece teatro di tanta violenza e morte? La vigna dalla quale dovrebbe scorrere il vino che rallegra il cuore dell’uomo, diventa in questa parabola luogo dove scorre violenza e sangue.

Spesso assunta dai profeti come immagine di Israele – il popolo scelto da Dio quale vite pregiata per dare frutto sulla terra – anche Gesù torna a servirsi di questa immagine per riassumere tutto quello che il Padre ha compiuto per il suo popolo: piantata, recintata da una siepe di protezione, dotata di un torchio e di una torre di guardia… Che cosa poteva fare di più per la sua vigna?

Il resto spettava a quei contadini che l’avevano ricevuta in affitto affinché – come nel giardino all’inizio della creazione -, la coltivassero e la custodissero. Il vino, infatti, è frutto della terra e del lavoro dell’uomo insieme. Ecco allora che al momento opportuno il padrone della vigna manderà un servo da quei contadini per ritirare la sua parte di raccolto, ma verrà preso, bastonato e rimandato a mani vuote, perché evidentemente la vigna non era stata lavorata e non aveva quindi dato frutto, proprio come quell’albero di fichi che precede di poco la nostra parabola sul quale Gesù non trovò altro che foglie.

Allora quel padrone invierà un altro servo, poi un altro, poi molti altri ancora (i profeti tra cui Mosè, Elia e Giovanni Battista) ma tutti verranno insultati, picchiati o uccisi. A quei contadini, come si evince più tardi, interessava solo estorcere la proprietà della vigna, eludendo la fatica del lavoro; quando manca il lavoro, l’uomo si disumanizza e l’unico frutto che può portare è rapina e violenza. La vigna del Signore da cui ci si aspettava giustizia e rettitudine è divenuta spargimento di sangue e grida di oppressi (cf. Is 5,7).

Giungiamo così al cuore della parabola: l’invio del figlio. Il padrone, che ama la sua vigna, non si da’ per vinto, non risparmia nulla, nemmeno il suo figlio amato, inviato per ultimo, ma a cui verrà riservata la stessa sorte. È Gesù stesso questo figlio amato, inviato dal Padre quale sua parola ultima e definitiva, mandato nella vigna e da lì a poco cacciato fuori, come una pietra scartata, per esservi ucciso.

Sarà Lui il frutto tanto atteso e sperato appeso all’albero della croce, che rivolgendosi a noi dichiara: Io sono la vite, voi i tralci, chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli (cf. Gv 15,5.8).

Fratel Roberto