Nessun profumo vale l'odore di quel fuoco

VEGLIA FUOCO di Pentecoste


La lectio divina in stile scout
Come fare lectio divina?
“Avendo un giorno, mentre ero occupato in un lavoro manuale, cominciato a riflettere sull’attività spirituale dell’uomo, si presentarono immediatamente al mio animo che rifletteva quattro gradini spirituali, cioè:
– la lettura,
– la meditazione,
– la preghiera,
– la contemplazione.
Questa è la scala dei monaci che sono sollevati dalla terra al cielo: ripartita certo in pochi gradini e, tuttavia, di immensa e incredibile grandezza, la cui parte più bassa è poggiata a terra, mentre quella più alta penetra le nubi e scruta i cieli”.
Queste parole di Guido il Certosino, un monaco vissuto nel XII secolo, offrono un metodo per leggere le Sacre Scritture e incontrare in esse il Signore. Così viene per la prima volta codificato il metodo della lectio divina che, molti secoli prima, anche se non era chiamato così, era praticato dagli Ebrei (Neemia 8). L’esempio più efficace di lectio ce l’offre Gesù a Emmaus (Luca 24), facendo ardere il cuore, mentre spiega come in tutta la Scrittura si parli di Lui e facendosi riconoscere “allo spezzare del pane”.
Non spaventatevi – Non spaventatevi se le vostre prime lectio saranno aride. Pregate incessantemente lo Spirito che vi apra gli occhi e vi dia un cuore aperto all’ascolto della Parola. Nella lectio non parla solo chi è più competente. Qualcuno potrebbe dire: “Che senso ha fare dei commenti da ignorante sulla Scrittura se c’è già chi sa?”
Attenzione a cosa dice a questo riguardo san Gregorio Magno:
“So che da solo non riuscivo a comprendere la Scrittura e invece l’ho capita quando mi sono trovato in mezzo ai miei fratelli. Attraverso questa scoperta ho cercato di capire anche questo, mi sono reso conto che l’esigenza della Parola era concessa a me, ma per merito loro. Ne consegue, per dono di Dio, che il senso dell’orgoglio diminuisce, quando grazie a voi imparo ciò che in mezzo a voi insegno.”
Tutti devono parlare – Nella lectio ogni adulto scout, che sente risuonare nel suo cuore la Parola proclamata, deve parlare. Nella lectio non si parla per fare prediche, ma per dire ai fratelli che cosa la Parola dice a noi oggi, come trasforma la nostra vita, come rende chiaro il nostro peccato e come ha il potere di farci con- vertire.
Per aiutare gli adulti della Comunita, il Magister, il Capo o l’incaricato della catechesi potranno servirsi delle note e dei capitoli introduttivi ai vari libri della Scrittura contenuti nella Bibbia di Gerusalemme. E infatti impor- tante inquadrare il testo nel suo “contesto”, cioè capire in quale libro della Scrittura siamo, chi parla, qual è il quadro storico della vicenda.
Un aiuto per appassionarsi all’ascolto della Parola può essere offerto anche da La Bibbia come un’avventura (Edizioni Borla) e Fare strada con la Bibbia (Edizioni Nuova Fiordaliso).
Un prezioso aiuto ci viene offerto dai Padri della Chiesa, maestri insuperabili di lectio divina, i cui testi più importanti si possono trovare nell’uffi- cio delle letture.
Ma riprendiamo i quattro momenti della lectio divina presentati all’inizio.
La lettura
Il testo sacro deve essere letto in modo chiaro, a voce alta e ascoltato con cuore aperto. Nelle grandi celebrazioni liturgiche dell’antichità cristiana e, per tanti secoli, nell’occidente, non si pensava che l’omelia fosse indispensa- bile alla celebrazione, perché la declamazione del testo era già omelia!
Essere nel testo
Chi legge deve essere nel testo, non fuori del testo, in qualche modo lasciarsi possedere completamente dal testo per poterlo trasmettere. Altrimenti trasmette le sue situazioni psicologiche, le sue depressioni, la sua volontà di potere o la sua cultura.
Quindi la declamazione del testo sacro è fondamentale per la comprensione delle Scritture. In questa prima fase si fa l’esperienza del combatti- mento con i pensieri, che vengono chiamati qualche volta spiriti, qualche altra “loghismoi”.
Per secoli i monaci hanno elaborato delle tecniche che si riferivano pro- prio al “depuria demonun”, al “combattimento contro i demoni”, per arri- vare ad una declamazione in cui non ci fosse più il soggettivismo individualistico dell’uomo, ma fosse trasmessa al mondo unicamente la Parola di Dio. Per quanto possibile, perché deve essere veicolata attraverso uno strumento umano. Ma, per quanto è possibile, bisogna che la Parola di Dio venga fuori nella massima purezza.
Non si stabilisce una data o un minuto in cui passare dalla lectio alla meditatio che deve emergere da sola, quando la lectio è stata vissuta adeguatamente fino in fondo.
Finché non avremo il coraggio di tagliare tutto ciò che va tagliato, di liberarci di tutto ciò di cui dobbiamo liberarci, e quindi “essenzializzare” in qualche modo la vita per poter permettere questa “esychía”, questa serenità, tranquillità, pace interiore, dobbiamo insistere nella lettura del testo.
A questo servono certi esercizi, che sono la traduzione dell’ascesi, l’aschesis greca. Ci si esercita, ci si allena, ci si sottomette alla disciplina del ritmo, di modo che quando saremo di fronte alla pagina sia essa a parlare, non noi che imponiamo alla pagina di dirci ciò che vogliamo dirci.
Per poter vivere in pieno questo primo momento, i Padri della Chiesa indicavano anche delle tecniche, che a esperti di metodo come gli scout, non possono essere sgradite.
– Una delle tecniche è imparare il testo sacro a memoria. È importante per- ché obbliga all’attenzione. Chi è distratto non impara a memoria. La memorizzazione va dunque considerata una delle discipline più immediate, una delle ascesi, su cui impegnarsi subito, senza trovare scuse, dicendo di avere poca memoria.
– Accanto alla memorizzazione c’è l’impegno ad una lettura del testo fatta con rigore che oggi chiameremmo scientifico, che può riguardare l’analisi critica del testo stesso, e che è possibile a chi conosce questo strumento.
– Infine è utilizzabile anche la metodologia dell’analisi sintattica del testo
stesso oppure l’analisi della struttura, secondo i propri strumenti culturali. Si tratta sempre di accorgimenti per poter essere attenti al testo, perché ciò che ci interessa è lasciar parlare il testo, senza imporre una nostra pre-
comprensione.
La meditatio
Dopo la lectio, accade che riusciamo a collegare il testo biblico, con spontaneità, con tutto ciò che ha costituito il nostro patrimonio di cammino della fede.
Quando si verifica questa possibilità, allora comincia la meditazione.
Perché? Perché questi riferimenti al nostro cammino di fede comincia- no a illuminare il testo che abbiamo davanti ed a rendercelo più chiaro: confrontando la pagina con un’altra pagina, confrontando una parola di Gesù con altre parole di Gesù, confrontando un fatto con altri fatti, si arriva al chiarimento.
È ciò che ha fatto Gesù con i discepoli di Emmaus: li ha invitati a leggere quel loro momento storico, l’evento di cui erano stati testimoni, alla luce di ciò che era stato già scritto nella Legge, nei Profeti e nei Salmi.
Il prodotto di tutto questo è lo svelamento del senso profondo della pagina letta, che diventa più chiara, più luminosa.
Questa è la meditatio. Quindi non elucubrazioni fantastiche o applicazioni spiritualistiche, emotive o intimiste, ma il confronto comune (“sunballein” cioè “gettare insieme” lo chiama Luca a proposito di Maria) con ciò che il Signore ha già detto ed ha ripetuto in tutta la storia della salvezza; e dunque non potrà non verificarsi di nuovo, anche per noi, qui ed oggi.
Con la meditatio la pagina letta illumina la nostra storia.
L’oratio
Quando avviene questa comprensione del testo, per cui la Parola diventa attuale, quasi come se parlasse di noi e non di quell’autore o di quel personaggio di cui è scritto, allora c’è il passaggio dalla meditatio all’oratio.
Quando finalmente scopriamo questa realtà, come aveva tentato di fare Gesù con i discepoli di Emmaus e, prima, nella sinagoga di Nazaret (“oggi si compie per voi questa Scrittura”), in quel momento comincia l’oratio.
Che non è preghiera propriamente detta. L’oratio è “il discorso”, cioè tutto ciò che l’uomo, dopo averlo pensato, trasmette all’esterno attraverso le labbra. Quindi, una volta che la pagina è stata interiorizzata al punto che è diventata la nostra pagina, arriva il momento in cui possiamo esplicitarla nell’oratio.
Qualche volta l’oratio assume i connotati di una testimonianza di vita, di una risposta concreta agli interrogativi, ai problemi della vita. Qualche altra volta si esprime anche il desiderio di poter essere più coerenti di quanto non si è stati finora alla Parola. In questo senso può essere una preghiera, una richie- sta: “Signore, fammi essere più fedele, più coerente alla tua Parola”.
Oppure può esprimersi in altri atteggiamenti molto più profondi, che i Padri chiamano “oratio compulsionis”. Quando si è di fronte al testo che è stato letto mille volte, ma mai con la stessa attenzione con cui è stato letto adesso, si viene colpiti come una spada e si capisce che è necessario cambiare vita, rovesciare la mente, cambiare prospettiva ed iniziare a cammina- re in tutt’altra direzione.
Contemplatio
Quando questo terzo momento ci ha presi a tal punto che noi, afferrati dalla Parola, possiamo dire “non sono più io che vivo, ma è la Parola stessa di Dio che vive dentro di me”, in quel momento siamo tutt’uno con la Parola e viviamo l’esperienza della contemplazione, la contemplatio.
Stiamo nello spazio sacro abitato in Dio, siamo tutt’uno con la casa di Dio, siamo il tempio dello Spirito Santo. All’interno di questo nuovo spazio i nostri rapporti con Dio sono i rapporti tipici della creatura nuova, di chi non vive più secondo carne e sangue, ma si sente nato di nuovo, nato intimamente da Dio. “Quale non da carne, non da sangue, ma da Dio sono stato generato”.
Questo è il momento in cui si può parlare di contemplazione, che può avvenire in tanti modi. Può essere il dono della mamma di famiglia, della nonna, o del figlio, come può essere il dono di una donna o di un monaco missionario. La contemplazione, nel senso di questa creatura nuova, che nasce unicamente dal Signore, è la condizione necessaria di ogni cristiano.
In realtà è il battesimo che ci ha introdotti nell’esperienza della contemplazione, perché è con il battesimo che noi siamo stati immersi nella notte del Signore, siamo resuscitati con Lui. Quindi ci siamo ritrovati in una familiarità, in una intimità con Lui, per cui possiamo chiamarci cristiani, cioè tutt’uno con Cristo. ………..Dunque lectio, meditatio, oratio, contemplatio.
Collatio
Infine c’è la collatio, quella specie di goccia di miele che mettiamo a disposizione degli altri nel momento in cui facciamo risuonare la Parola, dicendo nella verità ai fratelli, sia la nostra piccola “predica”, sia la nostra
vita, i fatti concreti, illuminati e resi chiari dalla potenza della Parola. Mettendo a disposizione di tutti la nostra esperienza di vita.
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